Bologna, Comunale Nouveau – L’elisir d’amore

Dopo una “prima” (24 novembre) incerta fino all’ultimo e poi andata in scena senza orchestra (sostituita da un pianoforte) e con coro dimezzato a causa di uno sciopero indetto dalla Fials, il resto delle recite si sono svolte regolarmente. Qui diamo conto delle serate del 25 novembre (la seconda, con cast alternativo) e del 26 novembre (primo cast), con teatro abbastanza gremito e festante in entrambi i casi.

Diego Ceretta, ventisettenne direttore da poco alla guida dell’ORT-Orchestra della Toscana, è il responsabile musicale di questo Elisir d’amore. Gesto chiaro e dominio tecnico assicurano il buon equilibrio tra orchestra e palcoscenico, facendo emergere qua e là dettagli strumentali preziosi. Perplessità insorgono invece riguardo ai numerosi tagli, alcuni dei quali vistosi. Ma non è escluso che questi si debbano a scelte registiche di uno spettacolo preesistente contro cui un direttore purtroppo non può far niente. Ceretta ha a disposizione un’orchestra e un coro (diretto da Gea Garatti Ansini) efficienti, con qualche pregevole assolo strumentale.

Lo spettacolo (regia e scene di Victor García Sierra, costumi di Marco Guion, luci di Stefano Gorreri) nato nel 2014 a Busseto è coloratissimo e vivace, rifacendosi a quadri della serie “Il Circo” di Fernando Botero. Dunque avanti con acrobati, giocolieri, pesisti, ballerini e ballerine, domatori e chi più ne ha più ne metta, che imperversano sul palcoscenico e qualche volta in platea. Qualche strizzatina d’occhio al pubblico (Dulcamara che si professa bolognese e il lambrusco in luogo del bordeaux) e un tocco naïf non lontano dallo spirito dell’opera bastano ad evitare le contestazioni che nella stagione in corso si sono riversate con generosità su buona parte delle produzioni del Teatro Comunale di Bologna. Semmai le semplificazioni “boteriane” non giovano alla caratterizzazione dei personaggi che risultano privi di spessore, quasi marionette fisse, immutabili. Ed anche l’immagine di Nemorino che intona “Una furtiva lagrima”, che si rifà ad uno dei Musici dipinti nel 2008, pur suggestiva in sé, risulta estranea al clima del momento scenico.

Passando a parlare della compagnia di canto nel cast alternativo della serata del 25 novembre (divenuta in realtà una “prima” a causa dello sciopero del giorno precedente), si distingueva Valerio Borgioni (Nemorino), che avevo già apprezzato non ancora venticinquenne a Pisa come Werther (vedi recensione di Fabrizio Moschini). Voce chiara, schiettamente tenorile, di buona espansione, facile nell’involo al registro acuto, mi ha ricordato in qualche inflessione uno degli storici interpreti dell’opera, Ferruccio Tagliavini; probabilmente una fonte di ispirazione, non certo un’imitazione tout-court. Dopo un inizio un poco interlocutorio (“Quanto è bella, quanto è cara”) Borgioni è andato via via crescendo dal punto di vista vocale ed espressivo per arrivare al suo momento clou del secondo atto che ha visto una calorosissima risposta del pubblico con ripetute richieste di bis (concesso, devo dire, senza farsi troppo pregare). Tanti colori, dinamica ricchissima e soprattutto un’espressività che creava un clima di incantata sospensione, favorita dal tappeto sonoro creato da Diego Ceretta. Momento di grazia che si confermava pure nella successiva scena con Adina.

Notizie liete anche per il Nemorino della serata successiva, Juan Francisco Gatell, un veterano della parte. Visto e recensito più volte (vedi serata fiorentina del 2016), il tenore argentino ha voce piuttosto leggera, con un timbro che ha perso un poco di smalto rispetto a qualche anno fa, pur risultando sempre gradevole. Il mestiere e lo stile permangono inattaccabili, come anche le doti attoriali, pur limitate da una messa in scena che non le favorisce troppo. Tuttavia la tessitura piuttosto centrale non lo favorisce e se i momenti di fragilità emotiva risultano ben dosati in altri passi si desidererebbe una maggiore consistenza vocale con qualche slancio in più. Molto applaudito

comunque, soprattutto in “Una furtiva lagrima” (senza bis).

Il 25 novembre la prima donna era Lavinia Bini, Adina dalla voce fresca e fragrante, ben proiettata e  facile. Del tutto convincente nei momenti più lirici (anche se un gioco dinamico più scaltrito non avrebbe guastato), si sarebbe desiderato una maggiore scioltezza nei passi di coloratura, risolti comunque con professionalità. Ne risultava comunque un personaggio accattivante e brioso, favorito pure da un gioco scenico vivace e spontaneo, nonostante i costumi lontani dal valorizzarla. Poi al termine del duetto con Dulcamara si è rivelata anche un’ottima ciclista.

Dote quest’ultima non in possesso della collega del 26 novembre, Karen Gardeazabal. Poco male se la giovane artista messicana avesse unito al bello smalto vocale una caratterizzazione del personaggio più rilevante, una linea vocale più mossa e un fraseggio meno unidimensionale.

Vincenzo Taormina (Dulcamara il 25 novembre) è un interprete raffinato, musicale, spiritoso, abile nel sillabato e di presenza scenica accattivante. Solo che si tratta di un baritono e anche piuttosto chiaro, cosa che non sempre è l’ideale per la scrittura vocale del personaggio, un buffo ma pur sempre un basso.

Anche Marco Filippo Romano, il Dulcamara del 26 novembre, è un baritono, ma con centri e gravi più consistenti rispetto a quelli del collega, cosicché riesce a superare le insidie della parte e anche a dare al ciarlatano dispensatore di sogni un tocco di grandeur tutt’altro che disdicevole. Il tutto sempre con gusto sopraffino e senza andare mai sopra le righe. Poi Romano ha un dominio del palcoscenico assoluto e una capacità di “darsi” al pubblico che lo rende accattivante fin dal suo primo apparire in palcoscenico.

Meno interessanti, per motivi diversi, i due interpreti di Belcore. Juan Antem (25 novembre), venticinquenne baritono spagnolo, ha dalla sua musicalità, intonazione, presenza scenica. Difettano un po’ la proiezione vocale e la consistenza del registro grave, problemi che, data la giovane età, potranno col tempo risolversi.

È senz’altro più robusta e sonora la vocalità di Andrea Vincenzo Bonsignore, anche lui disinvolto in scena a rendere un sergente (in questo caso domatore) arrogante e smargiasso. Sarebbe però necessaria una maggiore rifinitura belcantistica, oltre che un controllo più rigoroso dell’intonazione.

Completava il cast Elena Borin, Giannetta esperta pur se non freschissima.

Successo per tutti gli artefici delle due serate, con applausi particolarmente intensi per Valerio Borgioni, Juan Francisco Gatell, Marco Filippo Romano e Diego Ceretta.

La recensione si riferisce alle recite del 25 e 26 novembre 2023.

Silvano Capecchi

Teatro Comunale di BolognaL’ELISIR D’AMORE
Melodramma giocoso in due attiLibretto Felice Romani da Le Philtre di Eugène ScribeMusica di Gaetano Donizetti

Adina Karen Gardeazabal
Nemorino Juan Francisco Gatell
Belcore Andrea Vincenzo Bonsignore (24/11), Ian Antem (29/11)
Dulcamara Marco Filippo Romano (24/11), Vincenzo Taormina (29/11)
Giannetta Elena Borin

Orchestra del Teatro Comunale di Bologna (29/11)
pianoforte Dina Pysarenko (24/11)
Direttore Diego CerettaCoro del Teatro Comunale di Bologna preparato da Gea Garatti Ansini
Regia Victor García SerraCostumi Marco GuionLuci Stefano Gorreri

Allestimento e scene di Nausica Opera International
 Bologna, 24 novembre (prima rappresentazione) e 29 novembre 2023 (replica)

https://www.operaclick.com/recensioni/teatrale/bologna-comunale-nouveau-lelisir-damore

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